Il primo giorno: la vestizione

monte Emilius Aosta

Di corsa al magazzino per ritirare divise, scarponi, pedule, camicie, calze e biancheria intima; poi ti fornivano ogni ben di Dio per la “branda”: lenzuola, cuscini, coperte.
Un sacco di cose che non riuscivi nemmeno a tenere in mano e allora, per facilitarti il compito per il loro trasporto, di corredavano di zaino alpino, zainetto tattico, borsa valigia e tutto il necessario per la marcia: ramponi, uose, picchetti, clarinetti, telo tenda ed altro ancora.
Uscivi vivo con un fardello di svariati chilogrammi e di notevole circonferenza.
Di corsa in camerata per ordinare in un minuscolo armadietto tutto quanto ricevuto.
Affardellare lo zainetto tattico e ancorarlo alla pediera del letto rendere perfettamente rettilinei i lati della borsa valigia e adagiarlo sopra l’armadietto.
Affardellare lo zaino alpino con tutto quello che rimaneva fuori e sistemarlo sopra la borsa valigia sopra l’armadietto: e il tutto doveva essere drammaticamente allineato e perfettamente squadrato!
Fare il letto in modo alpino: il cubo (questo sconosciuto che, perché si reggesse, aveva bisogno di assicelle di legno portanti e sfidava sempre la legge di gravità).

Poi finalmente ci si vestiva e si indossavano i mitici “vibram”.
Veri e propri scarponi di cuoio durissimo che ti avrebbero segnato nei giorni successivi i piedi di vesciche o peggio ancora di piaghe sanguinolenti.
Non ho però mai sentito nessuno lamentarsi; ognuno ha provato a renderli morbidi le più strane strategie: grasso di balena, olio di diverse fattezze ma il più gettonato e pare fosse anche il migliore urina umana. Poi la notte venivano posti sotto i ferri della banda perché migliorassero la piegatura alle caviglie.
Ma solo dopo qualche giorno o settimana con il loro quotidiano uso prendeva elasticità e cominciavano ad adattarsi ai piedi che ospitavano.

La consegna dei libri di testo: le sinossi.

Di corsa al magazzino per ritirare i libri di studio: