Camerate

Camerata 14

Eterno!
Fu eterno quel 18 gennaio, un buco nero.
Spazio e tempo sono ancora perennemente deformati da quando, non so in che modo, presi possesso come capocamerata della 14.
Un incubo nell’incubo generale dell’esperienza SMAlp.
Da solo, io e il materiale di casermaggio. Qualche irruzione dei padri del 105. Il resto solamente spaesamento.
Qualcuno arrivò il giorno dopo, altri più tardi ancora, a riempire la 14 e, cazzo, mi toccava essere il loro capocamerata. Quante punizioni per colpa loro.
Tutti assieme imparammo a fare il “cubo”, a disporre correttamente la borsavaligia, lo zaino alpino, lo zainetto tattico, l’elmo.
Tutti assieme imparammo a tirare a specchio le piastrelle rosse del pavimento. Tutti assieme riuscivamo a non far depositare nessuna particella di polvere su nessuna superficie visibile o nascosta che fosse.
Imparammo a non dormire, a studiare, a pulire i cessi, a bestemmiare. A darci forza l’un l’altro, a conoscerci, a diventare amici, a farci fratelli.
Sante, padovano, un omone, un buon omone, lì alla mia sinistra.
Piergiorgio, bellunese, un gran ravanatore.
Francesco, piombato dall’Ottocento, col baffetto.
Bruno, l’unico fuciliere, sembrava il più agile tra tutti.
Andrea, che preferì o gli toccò andarsene.
Roberto, piemontese, riusciva a prendere tutto con distacco.
Alessandro invece voleva reincarnare un D’Annunzio ma in versione vegana.
Davide, era ancora un bambino.
Le attese del contrappello erano estenuanti, 18 orecchie ad attendere l’ingresso dell’Ufficiale di Servizio. L’attenti! La presentazione della forza. Non sapevo mai in quale modo intonare la tiritera. L’ispezione. E finalmente in branda.
Cominciammo a vedere Aosta in liberà uscita, a rientrare per condividere qualche acquisto.
Le incursioni della “vecchia”.
Il confronto delle vesciche che i Vibram ci lasciavano ai piedi.
Che stronzi gli ufficiali istruttori!
Non so quando, ma a un certo punto le cose iniziarono a essere meno opprimenti. Iniziammo a fare qualche festa di camerata, scorrevano vini, salumi e formaggi. Qualcuno si accendeva una sigaretta. Per questi momenti di vita si rinunciava al sonno o alla possibilità di rileggere qualche appunto, qualche sinossi per uno dei tanti esami incessanti.
Erano i momenti delle riflessioni, delle prese in giro, delle nostalgie.
Furono molte le incazzature, ma fu più forte la fratellanza.
Entrammo in quella stanza ragazzini e ne uscimmo uomini. Ma quei giorni trascorsi, vissuti, assieme, si sono sedimentati nelle nostre anime come roccia, cristallizzando una porzione di autentica giovinezza. Nulla mai la potrà erodere.

il Capocamerata Cipriano Bortolato